Friuli: Un unico sguardo territoriale: “metro-montagna” e nuove forme di complementarità, reciprocità e collaborazione tra la città e le terre alte.
Dalla ricerca teorica alle esperienze progettuali: idee, suggestioni e approcci utili anche nel caso della montagna e delle città friulane.
Il concetto di “metro-montagna” si sta diffondendo anche se appare ancora piuttosto oscuro ed assume valenze diverse in base ai soggetti che ne parlano e alle questioni che vengono trattate.
Quello che è certo è che ha a che fare con i rapporti tra la città e la montagna.
Per esemplificare, coinvolge pienamente le relazioni tra Udine, il suo esteso ambito periurbano, e la Carnia nella prospettiva di riunire sotto un unico sguardo territoriale contesti che si dimostrano ancora alternativi e conflittuali e, in definitiva, di ricomporre il policentrismo ed i rapporti centro – periferia in una dimensione ecosistemica capace di connessione e di generare valore.
Si tratta di un tema nazionale considerato che il Paese ed il territorio hanno il problema di uscire da una consuetudine di governo dell’economia e della società “con la montagna alle spalle e lo sguardo speranzoso rivolto alla città e pianura”.
Spazi ecoregionali
Va accolto quindi con interesse il recente campo di ricerca che si propone di immaginare un originale policentrismo non più legato all’esistenza di confini di natura amministrativa ripensandolo, invece, attraverso le lenti della natura, del cambiamento climatico, delle articolazioni della produzione e del lavoro e della prossimità, dando vita quindi a nuove forme di complementarità, interdipendenze e collaborazione tra le diverse componenti territoriali (città, contesti pedemontani, terre alte). Naturalmente, questa prospettiva e l’attuazione di politiche metro-montane implicano la stipula di “patti” tra le parti e, come insistono gli studiosi, ciò richiede il riconoscimento ai sistemi territoriali montani di autonomie, di natura funzionale – come generalmente sussiste – e giuridica – che è per lo più assente -, in modo da veder assicurate risorse coerenti con la visione che si sono dati e gli indirizzi della programmazione che hanno definito. In gioco è l’effettiva capacità contrattuale ed i rapporti di parità della montagna nei confronti di una, implicita ed esplicita, dominanza urbana.
Distribuzione dei piccoli comuni
Le riflessioni promosse da studiosi quali Giuseppe Dematteis (link all’intervista completa) e dal network Riabitare l’Italia, le indagini di Federica Corrado del Politecnico di Torino, le ricerche e le sperimentazioni perseguite da associazioni come la piemontese Dislivelli, partono dall’assunto che tra le componenti dell’ecosistema territoriale ed urbano si deve instaurare una relazione strategica e questa prospettiva richiede una compiuta configurazione sul piano teorico e tecnico. Questi studiosi e gruppi di lavoro forniscono un’interpretazione puntuale sull’evoluzione dei territori e sui termini che devono necessariamente assumere le dipendenze tra le parti in modo che si instaurino reciprocità affrontando in una visione comune i fenomeni che contraddistinguono la contemporaneità ed uniscono il destino ed il funzionamento di città e montagna: dalla regressione demografica alla gentrificazione, dalla difficoltà alla ricostruzione delle competenze all’emigrazione intellettuale e tecnica, dal cambiamento del clima alla pandemia, dalla digitalizzazione allo lo smart working e al lavoro agile.
Grandi trasformazioni territoriali ed economiche
I materiali messi sinora a disposizione analizzano criticamente anche il diffondersi di approcci, modelli e forme di urbanità che si sono progressivamente radicati nei contesti montani e indagano sui caratteri dell’ibridazione che hanno accompagnato la cultura della montagna. Quotidianamente i contesti urbani, le organizzazioni e le singole persone si confrontano, spesso in modo inconsapevole, con la dimensione montana. Sia si tratti di recuperare e lavorare le materie prime o utilizzare le risorse idriche, di fare degli acquisti autentici o di vivere per un periodo borghi, arte e paesaggi; sia di far fronte ad eventi come il dissesto idrogeologico, le alluvioni ed esondazioni. Eppure, i rapporti e le interdipendenze tra queste due parti non sono messi a fuoco e sviluppati in modo organico, come si trattasse di componenti in grado di funzionare strutturalmente in maniera autonoma e di produrre vantaggi anche se separate le une dalle altre.
Come Giuseppe Dematteis mette bene in evidenza, appare l’iniquità nella fruizione reale dei diritti, che si identificano nella dimensione della “civitas” e si riferiscono alla reale disponibilità di beni sociali e culturali. Specie in virtù della rarefazione e ritrazione di una pluralità di servizi, si assiste al mancato rispetto di diritti che, invece, in città sono ben assolti a favore della comunità urbana e dei singoli individui. Nello stesso tempo, la qualità e tipologia delle strutture fisiche ed organizzative presenti in montagna, riconducibili alla dimensione dell’”urbs”, alimentano cesure e conflitti. Si sono dilatati nel corso del tempo un uso del suolo ed architetture edilizie, sia residenziali sia di pubblico interesse, tipici della pianura mentre sono stati adottati modelli organizzativi dei principali servizi, si pensi a quelli scolastici (cfr. articolo di Stefano Stefanel su Innovalp.tv), sanitari e dei trasporti (cfr. articolo di Paolo Zaramella su Innovalp.tv), mutuati dalla città e da contesti a più alta densità. Non solo si determinano asimmetrie e malfunzionamenti ma parti intere delle terre alte si riconoscono sempre più come “enclave montane di pezzi di città”.
La montagna deve riprendersi le opportunità che fornisce la civitas mentre l’urbs si deve configurare come un prodotto aderente alla storia, alle condizioni geologiche e alla densità della montagna. Non deve rinunciare ad essere per certi versi città e a cogliere le enormi possibilità offerte per interagire con il mondo.
L’approfondimento dei rapporti di dipendenza tra le componenti territoriali ritengo sia doveroso anche in Regione ed in Friuli. È aperta anche nella nostra realtà la questione della produzione e gestione dei servizi ecosistemici che si riferisce all’approvvigionamento idrico, alla produzione di energia dalle fonti rinnovabili, all’accessibilità ai contesti più remoti e fruizione dell’ambiente, alla gestione dei boschi e delle risorse agricole; come, naturalmente, attiene alla prevenzione dei rischi.
Valore dei servizi ecosistemici
Dall’andamento della gestione di questi servizi si definiscono le traiettorie evolutive delle comunità locali montane e i cittadini del Friuli Venezia Giulia possono acquisire benefici o, diversamente, subirne gli esiti in termini di nuove imposte, maggiori oneri e costi, danni che riverberano effetti in pianura. Riguarda, allo stesso tempo, il “governo” dei fattori territoriali della produzione, che hanno sinora privilegiato i fondovalle, e della pendolarità, per giungere ad immaginare opzioni sia di sviluppo e di premio per gli insediamenti nelle valli sia di ri-orientamento parziale dei flussi di lavoratori.
Si possono instaurare nuove relazioni tra la montagna, la pianura e le città, cioè affermare il concetto di metro – montagna, anche attraverso progetti-sistema senza ricorrere a nuove leggi adottando, invece, modalità di governance e forme di cooperazione volontarie e multilivello tra le varie componenti territoriali. Interazioni tra ciò che si riconosce come centro e come periferia nel solo intento di ottenere vantaggi distribuiti e creare valore. Si tratta anche qui di cogliere quanto dalla pancia della montagna è maturato nel corso degli ultimi anni, penso alle esperienze del festival Innovalp (cfr. estratto dalla Conferenza Nazionale ASSTRA del 2019) , di Carnia2030 e di Vicino/Lontano in mont o a progetti come EM2 che hanno saputo riportare al centro del dibattito teorico e pragmatico nuovi sguardi ribaltando impostazioni tradizionali e incrostazioni culturali. Queste nuove narrazioni permettono oggi alla montagna friulana, nelle sue diverse articolazioni e organizzazioni comunitarie, di affrontare la complessità attraverso letture plurali e disporre di strumenti in grado di stabilire un equilibrio ed una co-esistenza con la città e la pianura ad un superiore livello di maturità e consapevolezza.
Anche tenuto conto di questo patrimonio, suggerisco tre ambiti di ricerca ed iniziativa.
Il primo è articolato attorno al Tagliamento. Dalla sorgente alla foce è possibile impostare iniziative strutturali che, al di là dei confini amministrativi, permettano di esaltare uno spazio complesso di relazioni tra comunità insediate in contesti differenti e che vivono e lavorano in borghi e piccole città, costituito da una rete di imprese impegnate nella produzione “autentica” e nei servizi turistici e dell’accoglienza, contrassegnato da valori ecologici e da un paesaggio unici capaci di attrarre ed, infine, che dispone di risorse idriche da gestire in modo integrato al fine di garantire la sicurezza e produrre energia. Questo progetto-sistema, che va oltre il Contratto di Fiume, permette di realizzare l’equità (dei diritti, dei bisogni e delle aspettative di comunità e di componenti sociali), la sostenibilità (nei campi della sicurezza, dell’energia, dell’ambiente) e la qualità delle produzioni (in agricoltura, nell’agro-alimentare, nell’artigianato, nel turismo).
Il secondo è rivolto a rafforzare ed implementare le filiere, in primo luogo nel settore agro-alimentare che permette la valorizzazione del rapporto tra i produttori, il mercato ed i nuovi orientamenti dei consumatori. Insistere su questa filiera significa operare, a monte, attraverso la predisposizione dei bio-distretti (“Carnia come bio-distretto”, cfr. mio articolo La dimensione rurale-alpina e lo strumento del Biodistretto e i due contributi di Veronica Rossi: Slow Food della Carnia e del Tarvisiano e Il Biodistretto occasione di sviluppo delle imprese e delle aree interne) e, a valle ed in città, tramite la promozione di esperienze di urban food planning e il consolidamento delle pratiche del tipo “campagna amica”.
Il terzo si riferisce alla cooperazione tra Comuni e Pubbliche Amministrazioni. Si è fatto cenno alla gestione della complessità e dei nuovi fenomeni che caratterizzano la contemporaneità che influiscono sui contesti territoriali indipendentemente dai vincoli di natura politica ed amministrativa. C’è bisogno di una più elevata tecnostruttura pubblica capace di affrontare i nuovi scenari ed è possibile costruirla mettendo a fattor comune le capacità tecnico-gestionali distribuite sul territorio e che, non di rado, si trovano proprio nei Comuni più grandi di città e pianura. Lo spazio della complessità, la pianificazione strategica ed i progetti di scala richiedono la collaborazione e patti tra le parti con il coinvolgimento delle risorse e competenze pubbliche nella convinzione che proprio questa relazione permette di ottenere vantaggi non solo per le terre alte pure per la città e pianura. La Regione è chiamata ad attivare e regolare questi rapporti, la cui titolarità non può essere esclusivamente nel dominio del mercato, individuando appropriate forme giuridiche.
Maurizio Ionico
Settembre 2021
È un’associazione di Torino che coinvolge studiosi, ricercatori universitari e giornalisti specializzati nel campo delle Alpi e della montagna, allo scopo di favorire la collaborazione di competenze multidisciplinari nell’attività di studio, documentazione e ricerca; si occupa di formazione e informazione sulle terre alte attraverso l’individuazione di forme di sostegno e promozione a giovani ricercatori e neolaureati; il campo di ricerca è rivolto ad una visione innovativa della montagna e delle sue risorse, con la costruzione di reti tra ricercatori, amministratori e operatori, la creazione di servizi socio-economici integrati, la proposta di interventi sociali, tecnologici e culturali.
È un importante geografo, professore Emerito dell’Università di Torino e Socio d’onore della Società Geografica Italiana; si è contraddistinto per gli studi sull’organizzazione territoriale e sulla geografia urbana e nei suoi numerosi libri ha approfondito posizioni teoriche ed epistemologiche e metodologie d’intervento; protagonista della Società dei Territorialisti, della Società di Studi Geografici, della Società Italiana degli Urbanisti, ed è socio fondatore nonché Presidente dell’Associazione Dislivelli.
Metromontagna – Un progetto per riabitare l’Italia
É un libro pubblicato dall’editore Donzelli (2021) a cura di Filippo Barbera e Antonio De Rossi; è costituito da saggi di Giuseppe De Matteis, Federica Corrado, Mauro Fontana, Arturo Lanzani, Sabrina Lucatelli, Andrea Membretti, Loris Servillo, Giulia Valerio Sonzogno, Mauro Varotto; sono presenti, inoltre, le conversazioni con Fabrizio Barca, Marco Bussone, Paolo Cognetti e Luca Mercalli; il testo rileva l’Italia come il mosaico di una geografia policentrica composta da sistemi territoriali che intrecciano senza soluzione di continuità ampie zone pianeggianti, aree urbane estese, valli e montagne; si tratta di montagne e pianure intersecati con grandi città e con sistemi di città medie contornati da montagne; questo policentrismo metromontano richiede nuovi atlanti e mappe che mostrino alla politica le possibilità di un governo armonico di queste configurazioni, di valorizzazione delle interdipendenze funzionali, di gestione dei flussi di risorse e di persone attraverso la realizzazione di connessioni tra territori capaci di generare nuovi mercati, di costruire reti e infrastrutture, di contrastare lo spopolamento e gli effetti del cambiamento climatico.
Urbano montano – Verso nuove configurazioni e progetti di territorio
È un libro pubblicato dall’editore Franco Angeli (2021) cura di Federica Corrado; è costituito da saggi di Lidia De Candia, Roberto Mascarucci, Roberto Sega, Arturo Lanzani, Monica Bolognesi, Alberto Magnaghi; ed inoltre le riflessioni ed esperienze collettanee di Corrado, Davico, Durbiano e Bussone, e di Martinico, Nigrelli Cutello, Ravazzoli e Maino; il testo esplora le discontinuità semantiche e cognitive che attraversano la montagna e rileva le condizioni necessarie a supporto di una progettualità consapevole; dà conto di una nuova visione della montagna che si sta affermando e che non è antitetica a quella della città; piuttosto, come sostiene Dematteis, riconosce i valori e i vantaggi della vita urbana e vede nell’ambiente naturale, culturale e sociale della montagna un’occasione per rigenerarla attraverso processi di fusione, ibridazione e di dialogo urbano-montano.