Friuli: La dimensione rural-alpina e lo strumento del Biodistretto
Il Biodistretto: una chiave per valorizzare l’autenticità ed interpretare il futuro.
Innovalp.tv con questo intervento vuole introdurre il tema della valorizzazione agricola nelle zone montane, obiettivo perseguibile attraverso diversi strumenti di gestione fra i quali quello del Biodistretto, ma necessariamente anche a seguito di azioni di ricerca, comunicazione ed educazione.
L’agricoltura ed in particolare l’agricoltura alpina ritorna al centro del discorso sotto la spinta del dell’action plan UE sul biologico e le esperienze regionali volte a ri-considerare il territorio come lo spazio della qualità e della produzione agricola biologica. Il Trentino “addirittura” ha indetto un referendum propositivo (26 settembre 2021) per considerare l’intero territorio un “distretto biologico”. Influiscono sul cambio di prospettiva anche i mutati comportamenti dei consumatori sempre più attenti alla salute e ad acquistare prodotti locali, che si sono enfatizzati all’interno della lunga fase pandemica che ha favorito la prossimità, sia essa urbana o montana, quale contesto in cui in misura maggiore rispetto al passato socializzare, scambiare esperienze, vivere i patrimoni ed acquistare.
Le imprese agricole, specie quelle che sono riuscite a promuovere la transizione generazionale, hanno saputo cogliere questa nuova dimensione del mercato e si sono riorganizzare o stanno progressivamente per farlo.
Naturalmente, esistono ancora vincoli che limitano le possibilità evolutive delle imprese e le capacità territoriali di incrociare compiutamente le tendenze del mercato ed i comportamenti dei consumatori, come ad esempio la frammentazione delle proprietà dei suoli destinati all’attività agricola, la fragilità del modello di filiera produttiva e di rete d’impresa fino alla debolezza dei canali di distribuzione e comunicazione.
Un motore che può rafforzare la proiezione rural-alpina del territorio e fornire un supporto alle imprese è il Biodistretto.
Si tratta di uno strumento tipicamente di governance, previsto dalla Legge finanziaria 2017, lett h, relativo alla gestione delle risorse territoriali e del settore agricolo che si propone di agganciare i legami tra istituzioni e agenzie di sviluppo locale, produttori e consumatori. Dalla prima esperienza maturata nel Cilento ad oggi sono almeno 40 le sperimentazioni in atto alla scala nazionale che si contraddistinguono da un comune denominatore riconoscibile nell’obiettivo di connettere nel medio periodo le politiche agricole con le politiche della salute, dell’ambiente, della coesione e di sviluppo locale.
Innovalp.Tv sollecita gli attori locali della montagna friulana, costituiti anzitutto dalle imprese e dalle filiere agricole, dai Comuni, dai Gal e dalle associazioni di rappresentanza degli interessi, a promuovere dal basso la costituzione del Biodistretto da proporre alla Regione e, quindi, al Ministero per il suo riconoscimento e l’acquisizione di fondi a sostegno delle misure e azioni che s’intende perseguire negli ambiti della produzione, della ricerca, della comunicazione e dell’educazione.
In Carnia è in corso un’interessante riflessione sul ruolo e sul futuro dell’agricoltura che coinvolge soprattutto i giovani, siano essi amministratori o agricoltori. E, tra poco, l’intera comunità locale sarà chiamata a riflettere su sé stessa e a individuare progetti di futuro: è l’occasione per approfondire le condizioni in cui versa l’agricoltura e a metterne in luce le qualità e le opportunità di crescita, ciò anche attraverso la costituzione di un Biodistretto.
Del resto una riflessione meditata si rende necessaria poiché su 16.300 ha destinati alla produzione agraria solo 7.400 sono effettivamente utilizzati; il 48% della superficie di proprietà delle aziende è utilizzata per boschi, il 41% per prati, l’11% inutilizzatala e poco più dell’1% è utilizzata per seminativi (nelle aree di fondovalle) e coltivazioni quali frutta, vivai e serre, vite e olivo; sono in diminuzione le imprese (2010, 400 unità, di cui 280 dedite anche all’allevamento bovino e caprino); la struttura del settore ha spesso caratteristiche di multifunzionalità considerato che non riesce a garantire significativi livelli di reddito e di competitività; la qualità delle produzioni e le coltivazioni biologiche sono piuttosto marginali.
In questa situazione si assiste a due fenomeni: da un lato, alla presenza di piccole attività che svolgono una funzione soprattutto di carattere identitario, cioè volto alla valorizzazione del paesaggio, dell’ambiente e della buona percezione visiva, che assume un’importanza sia per fronteggiare l’espansione delle aree boscate sia per assicurare bellezza ai contesti montani; dall’altro, si rileva una nuova e vitale passione verso la produzione agricola, in particolare quella biologica, promossa da una serie di giovani imprenditori di fondovalle e di alta montagna che si propongono di produrre in qualità, di innovare le tecniche di comunicazione e vendita.
Il Biodistretto della Carnia può rappresentare un’occasione per il governo integrato del settore (ambiente – agricoltura – turismo), consolidare le esperienze innovative in atto e avviare nuovi processi produttivi (filiere) e di commercializzazione (vedi intervista alla presidente di AIAB Fvg, Cristina Micheloni). In quest’area geografica ben riconoscibile della montagna friulana e del Friuli Venezia Giulia si può organizzare un modello di produzione e di consumo sistema che punti strategicamente sulla produzione biologica come fattore di gestione sostenibile delle risorse, di riconoscibilità del contesto e di attrattività di consumatori, viaggiatori e turisti, che può generare filiere corte e gruppi di acquisto.
Nell’ambito della prossima programmazione agricola e delle misure del previste dal Programma di Sviluppo Rurale (PSR), la Regione può promuovere azioni riguardo le politiche territoriali agricole con la predisposizione del Biodistretto che possono generare valore aggiunto poiché integrate considerato il coinvolgimento di un’ampia platea di partner, come istituzioni (Comuni), agenzie di sviluppo (Ersa, Gal), soggetti della ricerca, imprenditori e filiere agricole, la definizione di obiettivi quantificabili e misurabili nonché l’adozione di un sistema di monitoraggio, di coordinamento e di comunicazione. Gli stessi Parchi possono far parte di questa esperienza. Un progetto che riconosce i vantaggi che devono essere attribuiti alle imprese agricole che partecipano al progetto in termini di miglioramento del reddito, dell’occupazione, delle produzioni agrarie, dell’affermazione dei principi di agroecologia e di multifunzionalità che si combini con l’ambiente ed il paesaggio.
Produzione alimentare, commercializzazione, promozione del territorio, cultura, turismo sono a questo punto interdipendenti e connessi in una visione del futuro caratterizzata dall’autenticità del paesaggio, delle tradizioni, dei saperi, dai modi di fare e produrre.