Friuli – Può l’arte contribuire alla rigenerazione alpina?
Arte e rigenerazione alpina sono un binomio ancora poco esplorato. Una ricerca espone alcune delle esperienze più interessanti e si sofferma a indagare le possibilità di quattro comuni in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Carinzia
Gmund è una piccola città della Carinzia, che fino a 20 anni fa era in completa crisi, semispopolata e con molti edifici abbandonati. Ha saputo reinventarsi costruendosi come ‘città dell’arte’ e la popolazione si è attivata per creare laboratori e studi per artisti’ spiega l’architetto Moreno Baccichet, coordinatore di una ricerca che indaga la rigenerazione urbana, attraverso l’arte, in montagna. ‘Questo è un tema da sempre molto affrontato nelle città, ma poco considerato nell’ambito alpino‘ afferma Baccichet.
L’esempio di Gmund
Gmund è un comune di 2000 abitanti e ben 250 di loro hanno costituito un’associazione capace di offrire iniziative per 200 giorni l’anno. Negozi e ristoranti possono così beneficiare del fermento creativo producendo reddito e lavoro, a loro volta. Alcuni artisti si sono trasferiti nella cittadina e qui, diversamente che altrove, hanno trovato la possibilità di esprimersi nello spazio pubblico con le proprie opere.
‘La città è stata in gran parte restaurata e il restauro degli edifici pubblici ha portato a quello degli edifici privati (negozi di antiquariato, gallerie d’arte). Tantoché la città ha dovuto anche estendersi per creare nuovi laboratori al di fuori dalle mura’ spiega Baccichet durante la videoconferenza promossa dall’Accademia San Marco di Pordenone.
L’arte, strumento per raggiungere obiettivi ambientali
La ricerca ha permesso di mettere in rilievo alcune interessanti esperienze di trasformazione dei luoghi attraverso l’arte, come ad esempio in Austria. In Carinzia, la ghiaia ostruiva il fiume Drava e doveva quindi essere rimossa. Grazie a un’opera artistica, quello che sarebbe dovuto essere un materiale di scarto, è stato impiegato per costruire un osservatorio paesaggistico e un piccolo porticciolo. Inoltre la maggior parte del terreno è servita a rimodellare un ambiente fluviale caratterizzato da canne. La geografia ha assunto una nuova forma, e gli spazi sono divenuti un’occasione per nuove frequentazioni; ma soprattutto, attraverso l’arte, si è raggiunto un obiettivo ambientale.
Non bastano le residenzialità artistiche
Sono tantissime le esperienze artistiche innovative rilevate nella ricerca Arte e Rigenerazione Territoriale nelle aree montane; durante l’indagine conoscitiva, sono state mappate, nell’arco alpino, diverse residenzialità artistiche, alloggi e risorse messe a disposizione di persone creative. Baccichet sottolinea però che le residenzialità artistiche non comportano di per sè una trasformazione dei luoghi. Le opere proposte dagli ospiti a volte possono riguardare solo spazi circostanziati. E’ ‘importante che gli artisti dialoghino con la popolazione, interagiscano e contribuiscano a formare i luoghi ‘ sottolinea Baccichet.
L’esperienza di Topolò
In questo senso, l’esperienza storica più antica in Friuli V. Giulia, è quella del piccolo paese di confine nella Valle del Natisone, noto ormai ai più per il festival ‘Stazione di Topolò‘. Topolò da più di 20 anni propone un’ attività laboratoriale, ‘che ha portato questo paesino spopolato a resistere ma anche a essere visibile come esperienza. Caratterizza l’iniziativa il rapporto tra artisti esterni e la popolazione locale.’ Qui l’arte può esprimersi in tutto il paesaggio. Le installazioni sono presenti dentro le case stesse degli abitanti ma anche nei luoghi pubblici. ‘Si tratta di un’esperienza di arte pubblica dilatata sul territorio che sta cambiando il modo di percepire il tema del selvatico e dell’abbandono’ sottolinea Baccichet.
A Topolò, inoltre, l’arte si esprime sia in forma permanente (come per es. nel sentiero artistico che attraversa il confine con la Slovenia) che in forma passeggera.
Dordolla, un esempio di inversione di immagine del luogo
Un’altra esperienza degli ultimi anni, interessante per gli esiti che ha nello spazio pubblico, è quella di Dordolla, piccola frazione di Moggio Udinese particolarmente povera di risorse naturali, di ambienti coltivabili e semispopolata. ‘L‘azione di alcuni artisti, e non solo degli artisti, è riuscita a trasformare il carattere e la visione di questo spazio, aumentando le presenze degli abitanti e invertendo un processo demografico’ spiega Baccichet. Qui la ‘resistenza artistica’ si esprime in più forme: attraverso eventi, pensiamo a Harvest, un momento di ritrovo in cui si celebra il raccolto, coniugando agricoltura, arte e comunità e in cui partecipano musicisti, pittori etc internazionali; attraverso opere d’arte che agiscono sull’ambiente e attraverso la presenza degli artisti nel territorio.
L’esempio dell’immagine metropolitana, che rappresenta questo paesino di poche decine di abitanti, esprime bene come vi possa essere ‘un’inversione dell’immagine dei luoghi attraverso la visione artistica’
(Thomson): Immagine metropolitana di Dordolla, un paese di poche decine di abitanti
Il progetto Interreg ha individuato molte esperienze innovative presenti nell’arco alpino. Citiamo il Simposio sul marmo di Verzegnis, l’iniziativa ‘Altrememorie’ a Valbruna, il Bosco dell’arte a Osigo etc.
Il progetto Interreg indaga le possibilità dell’arte in quattro comuni delle regioni di confine
Dopo una prima fase di mappatura generale, si è però concentrato su quattro comuni di tre regioni di confine: Sarmede (capofila del progetto), caratterizzato dalle illustrazioni per l’infanzia; Pieve di Cadore, che ha centrato l’offerta turistica su Tiziano; Tramonti di Sotto, che da alcuni anni realizza Festinval e Arti in Val; e San Veit in Carinzia. L’intenzione era quella di capire come l’arte potesse valorizzare queste realtà e come, grazie ad essa, si potessero costruire strategie nuove capaci di portare benefici ai territori interessati.
Fin da subito sono emerse delle difformità importanti: una diversa composizione geografica e demografica dei comuni; differenti possibilità, all’interno del progetto, di incidere a livello decisionale sulle scelte amministrative. Ciò ha pertanto richiesto di procedere in modo differenziato. Ogni comune aveva un proprio referente di progetto: Annalisa Marini, Flavio Camatta, Michel Segers, Antonio De Rossi, Margherita Valcanover ed Eleonora Gabbarini.
Il coinvolgimento della popolazione
La popolazione ha avuto un ruolo centrale fin dal principio, già nell’attività di lettura dei luoghi. Baccichet spiega che insieme agli abitanti, si sono ‘visitati gli spazi; gli obiettivi erano identificare il territorio e capire come recuperarlo. Si è cercato di cambiare la visione dei luoghi per poi cambiare il luogo stesso. Si è posta attenzione agli spazi delle dismemorie, gli spazi abbandonati’. In questi casi la tecnica di progettazione partecipata utilizzata è stata quella della charrette. A Pieve di Cadore si è invece organizzato un Work shop aperto a giovani architetti laureati e a giovani artisti. Ciò che è emerso si può leggere qui nel testo digitale, italo tedesco, che è a disposizione anche nella versione cartacea presso la biblioteca del Seminario di Pordenone.
Gli esiti dei progetti di rigenerazione alpina sono comunque ancora in corso. La sfida è quella di riuscire a dare loro continuità anche dopo che i finanziamenti pubblici sono terminati. Questo è infatti uno dei nodi critici di alcune esperienze, rilevati nella ricerca.
vanni treu
Buongiorno Elena. Un reportage decisamente avvincente. Ti segnalo anche altre realtà quali “Dolomiti Contemporanee” che per completezza potrebbero essere citate. Comunque ottimo punto di partenza…
Elena Mariuz
Grazie! L’esperienza di Dolomiti Contemporanee viene citata nel testo integrale dall’autore proprio in merito a uno dei comuni interessati al progetto: Pieve di Cadore. Qui Dolomiti Contemporanee gestisce il Forte Ricco, ospitandovi gli artisti e promuovendo iniziative artistiche. Le opere restano però su uno spazio confinato; con il workshop si è cercato di capire come sviluppare il rapporto tra la collina, su cui erge il Forte e il paese. Una mappatura ha identificato gli elementi di qualità e di percorrenza tra il colle e il paese di Pieve di Cadore. L’idea è che l’arte non resti confinata.