Friuli – Il Soccorso Alpino, ecco perché tutti dovrebbero conoscerlo
Tutti lo stimano e gli vogliono bene ma in quanti lo conoscono veramente? Il solo sapere che esiste ci fa stare più tranquilli. Si tratta del soccorso alpino e speleologico, struttura operativa del CAI, che si occupa di soccorso alle popolazioni locali e rintracciamento dei dispersi nelle terre impervie.
In Friuli Venezia Giulia sono quasi 400 i volontari che prestano la loro opera per assistere gli infortunati, recuperare le salme, garantire viveri e farmaci ai residenti in caso di isolamento, supportare i servizi pubblici quando messi a dura prova dall’ambiente ostile.
Dal rifornimento di viveri alla pulizia dei tetti
‘Dalle prime nevicate di dicembre siamo stati chiamati 3 volte dai sanitari che non riuscivano a trasferire la barella in autoambulanza’ spiega Francesco Candoni, capo della stazione di Forni Avoltri, la più grande in Regione Friuli Venezia Giulia per numero di soccorritori (ben 62) e estensione del territorio. ‘Da allora quasi tutte le stazioni montane escono quasi ogni giorno’.
La stazione di Forni Avoltri si occupa della gran parte dei comuni della Carnia ponendo in essere interventi molto variegati. In questo periodo, per esempio, i volontari hanno accompagnato i manutentori del radar sul Monte Tenchia, rifornito di viveri le popolazioni isolate dalla frane, alleggerito i tetti dalla neve dagli edifici pubblici. ‘Quest’inverno, è stato anche ripulito il tetto della fabbrica Solari che era imploso’, continua Candoni, pensando che la cosa si potesse aggravare l’amministrazione ha attivato la Direzione Regionale della Protezione Civile’.
Un sistema indispensabile.
Il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) FVG agisce infatti in sinergia con la Protezione Civile e la Sala Operativa Regionale di Soccorso (ex 118).
In FVG sono 10 le stazioni di soccorso alpino (che oggi trattiamo in quest’articolo) e 2 quelle di soccorso speleologico.
Il soccorso alpino è di fondamentale importanza per riuscire a superare le sfide che l’ambiente montano e selvaggio impone all’uomo. Volontari altamente qualificati sono in grado di raggiungere terreni impervi, alpini, dalla morfologia difficile, d’estate e d’inverno.
La complessa ricerca delle persone scomparse
Queste competenze e questa disponibilità sono di vitale importanza soprattutto per le operazioni di rintracciamento dei dispersi che in Friuli V. Giulia riguardano il 25-30% degli interventi di soccorso alpino. ‘I periodi con più ricerche sono i cambi di stagione e quello di raccolta funghi; chi va a funghi ha una buona percentuale di infortuni’ spiega Francesco Candoni. ‘In estate la gran parte degli interventi, fortunatamente, si concludono subito ma alcuni possono durare anche 4 giorni. Dopo 4 giorni difficilmente hanno esiti positivi’.
Le ricerche sono interventi complicati e duraturi. Il coordinatore, in principio, fa un’indagine per capire come si sono svolti i fatti. Viene accompagnato nelle operazioni da persone con specifiche qualifiche tecniche (es. da chi è specializzato in forre o da esperti cinofili); partecipano alle operazioni anche i soccorritori con formazione di base (OSA). Gli ambienti possono essere molto ostici. Ricordiamo che da alcuni anni esiste un sistema di geolocalizzazione che agisce attraverso smart phone.
I casi peggiori: il recupero delle salme
A volte possono essere ritrovate persone non più in vita che per obbligo non possono essere toccate. ‘In questo caso è necessaria la presenza di un medico, che può essere interno alla squadra, e di un pubblico ufficiale, es. di un collega della finanza; questo deve chiedere ai magistrati il nullaosta per la rimozione della salma‘. Le ricerche spesso richiedono anche la collaborazione con gli altri corpi (es. guardia di finanza, carabinieri, Vigili del Fuoco etc). L’impegno è davvero delicato e per alcune figure comporta anche responsabilità penali. Le competenze richieste sono di altissimo livello ma come vengono selezionati i soccorritori?
Formazione e competenza di alto livello
Per ciò che riguarda i volontari del solo soccorso alpino, ‘tutti i candidati devono superare una prima selezione. Seguirà un periodo di affiancamento. Quando la persona è pronta viene fatta una prova d’ingresso (invernale) in cui si testa la movimentazione su neve con sci d’alpinismo e ramponi e l’abilità a sostenere manovre di corda con ancoraggi su terreno innevato. In Estate viene poi svolta la prova arrampicata con ancoraggi in parete e discesa in corda doppia’ spiega Candoni.
‘Superato questi step il volontario diviene operatore di soccorso alpino di base (OSA) e ha c.a. un anno di tempo per effettuare tutti i percorsi formativi richiesti (pronto soccorso, elicottero etc) in cui verrà valutato. Il mantenimento della qualifica si mantiene con prove che hanno una scadenza periodica.’
‘Il 70% c.a. dei soccorritori alpini sono OSA ‘. Vi sono poi figure tecniche specifiche che hanno competenze speciali: per esempio il coordinatore di operazioni di ricerca, di cui Candoni è rappresentante per la Stazione di Forni Avoltri. Ci sono i tecnici di ricerca (esperti negli aspetti tecnologici), i Tecnici di Soccorso Alpino, i cinofili (con cani per la ricerca in superficie e cani molecolari), i Tecnici di Elisoccorso (coloro che salgono sull’eliambulanza durante le operazioni di soccorso sanitario), i Forristi (esperti in forre). Vi è poi il gruppo sanitario, costituito da personale medico che si è specializzato in corsi per il soccorso alpino. Inoltre in Regione ci sono due stazioni di guardia di finanza (Sella Nevea e Tolmezzo) in cui gli appartenenti sono impegnati esclusivamente nel soccorso alpino.
Una forte motivazione
Il soccorritori alpini non ricevono retribuzione ma se lavorano, il datore di lavoro è obbligato a consentire l’uscita e l’INPS provvede comunque a pagare il corrispondente della retribuzione. Chi ha p. IVA invece, nel caso di interventi di solo qualche ora, non viene rimborsato; se invece l’uscita impegna tutto il giorno il pagamento è di 78 euro. Chi turna invece con l’elicottero (da Udine) ha una diaria forfettaria per le giornate in cui è disponibile. Il lavoro viene svolto dall’alba al tramonto. Un’assicurazione protegge tutti i volontari.
Perché una persona fa soccorso alpino? chiedo a Candoni. ‘Perché ha la passione di andare in montagna e gli piace aiutare il prossimo, spendere competenze per fini positivi’ mi risponde.
Una consapevolezza atavica di fondo: se tutti si aiutano tutti si salvano.
Ma dietro questo pensiero può darsi che ci sia ancora di più.
La montagna presenta ancora oggi elementi di arcaicità impensabili nelle città contemporanee. La possibilità di trovarsi in assoluto isolamento, il rapporto con l’animale ancora selvatico dove l’uomo può non esser dominante, la presenza di ambienti quasi inaccessibili, la conoscenza personale tra tutti gli abitanti dei piccoli borghi incidono probabilmente in quella consapevolezza atavica in cui il mutuo aiuto diviene un valore fondamentale, un assist per la stessa sopravvivenza.
Un’organizzazione pratica e flessibile
A livello regionale l’organizzazione è molto pratica e flessibile. Ogni stazione ha obbligo di reperibilità alla centrale ma può organizzarsi al suo interno come meglio crede. Le stazioni di soccorso alpino e speleologico si allineano alle indicazioni ricevute mantenendo comunque una forte autonomia nella gestione delle operazioni. Inoltre le diverse stazioni tra loro cooperano a seconda della necessità garantendosi reciprocamente rinforzi quando le forze locali sono sovrasollecitate.
Ancora una volta la cooperazione è sinonimo di efficienza. E il Soccorso Alpino rappresenta una consolidata buona pratica di comunità che dovrebbe essere osservata molto attentamente.
Il fascino insito nel Soccorso Alpino e Speleologico ha attratto anche l’attenzione del regista Mario Barberi che ne ha raccolto la testimonianza nel docufilm Senza possibilità di errore.
Vanni
Bello il servizio.. Rende merito all’impegno di chi aiuta il prossimo