Italia: “Daìmon” una scuola per restare, la scuola della restanza!
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Da decenni l’Italia è vittima del calo demografico e dello spopolamento per abbandono volontario o forzato da parte dei suoi abitanti.
Nasce in Salento un movimento culturale per fermare lo spopolamento dei borghi. Prende il via “Daìmon: a scuola per restare”: itinerante e multidisciplinare, inclusiva e gratuita, accessibile e innovativa. Si tratta di una scuola senza porte e finestre, senza pagelle e attestati, senza compiti e calendari da rispettare. “Daìmon” sono luoghi di apprendimento disseminati nei campi, nelle cantine e nelle botteghe, diffusi nei paesi e nei paesaggi d’Italia.
“Daìmon” ha l’obiettivo di coinvolgere i restanti per ridare spazio vitale ai borghi fantasma. L’iniziativa Daìmon è rivolta a chi vorrà abitare i propri territori e a chi vorrà conferire pienezza al proprio restare. “Daìmon” è una scuola in cui praticare l’arte della maieutica. A “Daìmon” si potrà imparare a ‘partorire’, grazie agli stimoli degli incontri, risposte, strumenti e soluzioni che sembrano dimenticati in decenni di abbandoni.
Una scuola con la quale riscoprire i nostri luoghi, una scuola per stimolare e supportare gli enti pubblici e privati locali, una scuola per sensibilizzare alla cittadinanza attiva glocale; un luogo virtuale in cui imparare l’arte della cura: delle radici e dei fiori.
Daimon e la pratica della restanza
Interi paesi sono diventati borghi fantasma e le città medio-grandi si apprestano a diventare metropoli prive di spazio vitale. Praticare la restanza diventerà nel futuro uno stile di vita. L’etica della “restanza” indicherà una strada per costruire avamposti contro l’impoverimento culturale. La pratica della “restanza” diventerà la via maestra per creare reti e scambi di saperi. È fondamentale preservare il patrimonio culturale e naturale dei piccoli centri, per tutelarne la produzione agricola, culturale ed enogastronomica: per tutelarne le connotazioni identitarie.
A partire da queste osservazioni, l’antropologo calabrese Vito Teti ha coniato il concetto di “restanza”, un rimando alle parole “erranza” e “lontananza”. Non si tratta di pigrizia. Tantomeno di una forma di “resistenza passiva” o rassegnata. La “restanza” è un atteggiamento attivo e propositivo, da praticare nella quotidianità. Un lavoro da svolgere per una ridefinizione continua dei luoghi, recuperando e rigenerando il paesaggio in relazione alla presenza dell’uomo, in piena armonia.
I paesi rappresentano una grande risorsa e una grande opportunità. I paesini di montagna non sono un residuato del passato o un’eredità di un “piccolo mondo antico” avulso dal presente. I piccoli comuni possono diventare luoghi di sperimentazione di politiche innovative dal punto di vista civico, sociale ed economico. Sono posti dove costruire nuove relazioni con i luoghi e le comunità, dove si può parlare di futuro.
Ed è proprio questo che “Daìmon” chiede in cambio: un baratto in sapere, manufatti, tempo, ospitalità, prodotti o edificanti segreti per una restanza felice.
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