Italia: lo sviluppo locale, tecnica che si è persa in Italia.
In Europa si parla di sviluppo locale dagli anni Ottanta, ma l’Italia è rimasta indietro su strumenti e indicazioni. Ecco perché
Le reti europee hanno iniziato a parlare di sviluppo locale alla fine degli ’80, primi ’90.
Era il periodo in cui nascevano organismi sovranazionali non governativi, che mettevano insieme gruppi di organizzazioni di base, che operavano in quelli che oggi chiamiamo “servizi di prossimità”, con un unico denominatore comune: essere non profit ed avere come interlocutori primari le municipalità e le persone in povertà. Si diceva “lavorare con e non solo per”, che stava a significare dare un ruolo proattivo a chi era destinatario dei servizi di assistenza e non solo beneficiario
Non si tratta di agenzie di sviluppo, che sono essenzialmente organismi economici, ma di organizzazioni non profit indipendenti, che a partire dal lavoro sul terreno contribuiscono ad informare, sensibilizzare, formare, scambiare buone prassi in favore delle persone in povertà o in condizione di esclusione sociale.
Migliorare le condizioni di queste persone, significa far migliorare tutto ciò che sta intorno a loro, e non viceversa (come si diceva qualche anno fa, “il ricco fa arricchire chi non lo è”).
È da questo osservatorio che vogliamo partire, perché riteniamo, che quando parliamo di sviluppo locale, si deve intendere quel processo che mette insieme attori diversi, con mission e mandati differenti, ma che hanno uno scopo comune: migliorare il contesto sociale, ambientale ed economico in cui essi operano, vivono, esercitano la propria influenza.
È da questo osservatorio che vogliamo partire, perché riteniamo, che quando parliamo di sviluppo locale, si deve intendere quel processo che mette insieme attori diversi, con mission e mandati differenti, ma che hanno uno scopo comune: migliorare il contesto sociale, ambientale ed economico in cui essi operano, vivono, esercitano la propria influenza.